Michele Di Giesi
Tipologia Fondo
Data cronica
- 1964-1983
- Note
- con materiale a stampa del 1945-1947 e carte post mortem 1983-2008
Tipologia
- Fondo
Contenuto
- Il fondo è composto da documenti di tre tipi: quelli relativi al ruolo di esponente di spicco del Partito socialista democratico italiano, sia a livello regionale pugliese che nazionale; quelli relativi alla sua attività di deputato al Parlamento; quelli relativi agli incarichi ministeriali ricoperti. Mancano totalmente i documenti relativi al primo periodo della militanza sindacale.
Come nel caso di molti politici arrivati ad essere un punto di riferimento importante a livello locale e poi nazionale, l'archivio personale di Michele Di Giesi avrà sicuramente compreso carte che documentavano i diversi aspetti di una siffatta "carriera" di successo: vita interna di partito, partecipazione al dibattito politico, dossier di studio e documentazione, comizi elettorali, discorsi pubblici e attività pubblicistica, azione politico-amministrativa negli organi elettivi e nelle giunte di governo, rapporti con l'elettorato, attività di patronage. Purtroppo queste carte non sono arrivate a noi se non in minima parte e per un periodo comunque successivo al 1972, cioè al momento in cui Di Giesi venne eletto per la prima volta alla Camera dei deputati: verosimilmente perché l'archivio che qui si descrive era conservato nell'ufficio romano del Di Giesi membro del Comitato centrale del PSDI, deputato e poi ministro. Manca, in sostanza, l'archivio barese.
I documenti di partito non datano che dal 1972, anno della sua prima elezione in Parlamento. Essi riguardano gli interventi ai congressi e, sporadicamente, quelli al Comitato centrale o alla Direzione nazionale del PSDI; più organica la raccolta dei suoi comunicati, testi preparati per le agenzie di stampa (a volte scritti in terza persona) e che attengono principalmente alla sua carica di responsabile del settore Enti locali del partito. Su queste carte particolare cura è stata posta alla datazione dei documenti, in gran parte senza data esplicita trattandosi di comunicati per i giornali di immediato "consumo". Sono stati di particolare aiuto, oltre alla generale conoscenza storica del periodo, le raccolte digitalizzate disponibili on line dei quotidiani l'Unità, La Stampa e la Gazzetta del Mezzogiorno (quelle de la Repubblica e del Corriere della sera partono rispettivamente dal 1984 e 1992 e sono pertanto inservibili).
La presenza in Parlamento è documentata dalle raccolte degli atti di indirizzo e controllo e delle proposte di legge. Importante la prima, soprattutto, perché riguarda il periodo della VI legislatura (1972-1976) per la quale questo tipo di documenti non sono disponibili sul portale storico della Camera dei deputati (storia.camera.it).
La parte più rilevante dell'archivio, sia per quantità che per qualità, è quella relativa ai suoi incarichi ministeriali. Si tratta di dossier intestati alle principali questioni all'ordine del giorno della politica nazionale nei settori specifici: si pensi alla incubazione della prima legge di riforma del sistema radiotelevisivo (investito dalla novità delle televisioni commerciali) o a tutte le tematiche attinenti al lavoro in epoca di recessione e inflazione galoppante (provvedimenti per il contenimento della disoccupazione, politiche anticicliche per il Mezzogiorno, manovre sul costo del lavoro, iniziative per la famiglia e la terza età, trattative per la stipula dei contratti collettivi nazionali, soluzione di vertenze aziendali specifiche, rapporti con la Comunità europea) e a quelle legate al mondo del mare (in particolare la legge per la pesca e quella per la difesa del mare).
Gli incarti provengono dalla Segreteria particolare del ministro o dall'Ufficio legislativo del suo Gabinetto o dalle diverse direzioni generali e contengono studi, pareri, bozze di proposte di legge, interventi a convegni e conferenze, articoli di stampa, poco carteggio. Soprattutto la Segreteria particolare e il Gabinetto del ministro sono sempre state vissute dai politici come strutture "semiprivate", anche per la presenza di collaboratori di fiducia esterni all'Amministrazione. È questo il motivo per cui era (e forse è) pratica ordinaria che alcuni dossier formati presso questi uffici seguissero il politico al momento della cessazione dall'incarico. Questi fascicoli conservano documentazione diversa ritenuta dal ministro degna di essere tenuta in evidenza o a portata di mano o comunque "importante". Nel caso di Di Giesi è notevole anche il suo "protagonismo archivistico": i fascicoli hanno quasi tutti un titolo di sua mano, su molti documenti compaiono annotazioni esplicite di riporli in una cartellina esistente o da inaugurare, in un paio di casi si destina il documento a un archivio definito "personale", con una chiara indicazione del soggetto che lo avrebbe conservato nel tempo. Non si tratta di pratiche organiche: è evidente a volte il carattere episodico della crescita del fascicolo (tra l'altro diversi documenti sono in fotocopia) e la caratteristica di incarti di frequente uso spiega anche la lacunosità rispetto alla piena comprensione degli eventi documentati. Il rilievo di questi fascicoli sta principalmente nella presenza di studi, appunti e note riservate per il ministro scritte dai diversi direttori generali sulle questioni di loro competenza, soprattutto in relazione alla definizione di norme di legge o alla loro applicazione o alla informativa generale su aspetti alla ribalta del dibattito politico o sindacale. A questi documenti (che potrebbero trovarsi anche negli archivi ministeriali, cosa che si cercherà di appurare) si affiancano lettere ricevute (spesso in originale), allegati tecnici per documentazione, analisi economi-che e sociali, rassegne stampa, discorsi, appunti manoscritti di Di Giesi. Gli incarichi ministeriali ricoperti sono documentati in modo difforme: di fatto non c'è quasi nulla per il periodo in cui fu ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (tre soli fascicoli), ci sono tre buste per il Ministero delle poste e telecomunicazioni, tredici buste per quello del lavoro e della previdenza sociale, sei buste per quello della marina mercantile. Le carte del Ministero del lavoro sono le più rilevanti, sia per una maggiore completezza dei dossier, che per l'oggettiva centralità che Di Giesi assunse in un momento di grave crisi occupazionale e con le riforme del sistema previdenziale e del collocamento in discussione.
Consistenza rilevata
- Consistenza (testo libero)
- 256 fascicoli (condizionati in 26 buste)
Storia istituzionale/Biografia
- Michele Di Giesi nacque a Bari il 4 settembre 1927 da Angelo Raffaele e Margherita Sasso.
Nel dicembre 1943 aderì al Partito socialista italiano e fu, insieme a Rino Formica, fu tra gli artefici della rinascita della Federazione giovanile socialista a Bari. Ottenuta la licenza liceale scientifica, si occupò da subito di lavoro sindacale. Nel febbraio 1947 venne nominato rappresentante socialista presso la Camera confederale del lavoro in sostituzione di un compagno passato al PSLI di Saragat. Nel 1948 divenne responsabile del Movimento giovanile socialista di Bari. Nel gennaio 1951 entrò a far parte del Direttivo della Federazione barese socialista dove già sedeva il padre Raffaele, anch'egli dirigente sindacale. Michele entrò allora anche nell'Esecutivo di Federazione con l'incarico di responsabile della Commissione giovanile, essendo al contempo membro di quella sindacale. Nell'ottobre 1952 lasciò l'Esecutivo per l'onere degli impegni sindacali, mentre il padre Raffaele entrava nella segreteria nazionale della Federazione italiana lavoratori del commercio e affini (FILCEA). Il congresso provinciale del PSI del gennaio 1957 lo confermò membro del Direttivo e questo lo incaricò nell'Esecutivo con la responsabilità del settore Stampa e propaganda.
Nella primavera 1957 entrò in dissenso con il partito a causa della linea da lui tenuta nel sindacato dei facchini (dal febbraio 1952 era dipendente del Consorzio provinciale delle cooperative e carovane) dove assecondò l'organizzazione di una associazione sindacale autonoma dalla CGIL. Sottoposto a indagine disciplinare, fu espulso dal Comitato direttivo della Federazione barese il 29 giugno 1957.
Entrò allora nella UIL ricoprendo cariche prima a livello provinciale a Bari, poi regionale pugliese e infine nazionale nei settori dei trasporti e del commercio. Si iscrisse allora al PSDI.
Fu capo dell'Ufficio Stampa del ministro socialdemocratico del lavoro, Virgilio Bertinelli, nel IV governo Fanfani (febbraio 1962 - giugno 1963). Nell'ottobre 1962 venne eletto consigliere comunale per il PSDI a Bari e fu assessore all'economato nella giunta di Vitantonio Lozupone. Rieletto nel 1966, divenne assessore ai lavori pubblici nella giunta del sindaco Gennaro Trisorio Liuzzi nel 1968 dopo aver fallito l'elezione al Parlamento e sostituendo come vicesindaco Rino Formica che divenne deputato. Di Giesi emerse fin dagli inizi degli anni sessanta come leader indiscusso della socialdemocrazia pugliese su una linea di assoluta fedeltà all'impostazione saragattiana. Dopo la scissione del luglio 1969 fu sollecito a riorganizzare intorno a sé in Puglia il Partito socialista unitario (nome che il PSDI assunse fino al 1972). Nel dicembre 1971 entrò a far parte della Direzione nazionale del partito. Nel corso degli anni Settanta maturò una posizione critica verso i segretari Orlandi e Tanassi (1972-1976) e Longo (1978-1985) guidando la corrente di sinistra Democrazia socialista con l'obiettivo di emancipare il partito dalla sudditanza alla DC. Fu vicesegretario per un breve periodo col segretario Romita (1978). Nel Partito ebbe la responsabilità del Settore Enti locali e del Settore Scuola.
Nel 1970 venne eletto consigliere regionale e fu vicepresidente della giunta di centrosinistra presieduta da Trisorio Liuzzi fino al 1972 quando risultò eletto alla Camera dei deputati per la circoscrizione Bari-Foggia. Fu rieletto deputato nelle successive elezioni del 1976, 1979 per la medesima circoscrizione mentre nel 1983 fu eletto anche a Bari ma optò per la circoscrizione Taranto-Brindisi-Lecce. Continuò a essere eletto consigliere comunale di Bari ricoprendo la carica di capogruppo PSDI e partecipando in tale veste alle discussioni sul piano regolatore della città, sulla sistemazione del porto e del nodo ferroviario e poi (anche da ministro) per la costituzione dell'area metropolitana barese. Pose particolare attenzione agli aspetti dello sviluppo dell'economia meridionale e alla pianificazione territoriale, specie nel periodo tra 1965 e 1975 a cavallo dell'esordio delle Regioni a statuto ordinario. Come leader socialdemocratico cittadino fu tra gli artefici nel marzo 1983 della costituzione di una giunta di sinistra al Comune di Bari, rilevante novità politica resa possibile dai risultati delle elezioni del 1981 che avevano raddoppiato la rappresentanza in Consiglio dei due partiti socialisti. Tale scelta fu coerente con l'elaborazione di una linea politica (che lo caratterizzò negli ultimi anni della sua vita) che definiva di "alternativa socialista", basata su un rafforzamento del polo laico-socialista e su un coinvolgimento del PCI in una alleanza fra pari in funzione alternativa alla Democrazia cristiana. Sviluppò le sue posizioni in scritti apparsi sui giornali di partito («L'Umanità», ma anche l'«Avanti!»), di riflessione politica (in particolare «Astrolabio», di cui era membro del comitato di direzione) e in un suo foglio («Prospettive») fondato a Bari nel 1970 e che cessò le pubblicazioni dopo la sua morte.
La carriera politica lo condusse a ricoprire incarichi ministeriali in un periodo di declino economico nazionale. Rimase sempre radicato al territorio elettorale di provenienza dove, anche grazie al suo potente influsso, il PSDI ebbe sempre risultati superiori alla media nazionale. Fu anche oggetto di alcune polemiche politiche e giornalistiche che lo descrivevano, probabilmente non a torto, come fautore di molte assunzioni negli uffici pubblici di competenza dei ministeri in cui ebbe responsabilità di direzione.
In Parlamento fu membro di diverse commissioni: lavori pubblici (1972-1976), bilancio e programmazione (1972-1974, 1976), questioni regionali (1972-1979), istruzione e belle arti (di cui fu presidente, 1976-1978), agricoltura e foreste (1978-1979), industria, commercio e artigianato (1979-1983), trasporti (1983). Partecipò ai lavori della Commissione speciale per l'esame dei provvedimenti concernenti la disciplina dei contratti di locazione degli immobili urbani (cosiddetta "commissione fitti") dal 1973 al 1976 e della importante Commissione per la ristrutturazione e riconversione industriale e per i programmi delle partecipazioni statali (luglio-novembre 1983). Particolare menzione va fatta del suo lavoro come relatore del disegno di legge di riforma della scuola secondaria superiore, approvato dalla Camera nel settembre 1978 ma non dal Senato.
Fu ministro senza portafoglio con delega per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno nei governi Andreotti V e Cossiga I (marzo 1979 - aprile 1980), ministro delle poste e delle telecomunicazioni nel governo Forlani (ottobre 1980 - giugno 1981), ministro del lavoro e della previdenza sociale nei due governi Spadolini (giugno 1981 - dicembre 1982) e ministro della marina mercantile nel governo Fanfani V (dicembre 1982 - agosto 1983).
La sua attività ministeriale è stata caratterizzata dall'impegno su alcune questioni principali: la gestione dell'emergenza terremoto in Irpinia per il ripristino dei servizi postali; la riforma del sistema radiotelevisivo per la regolamentazione del fenomeno delle televisioni private; la riforma del sistema previdenziale; la riforma del sistema del collocamento della mano d'opera e la sua sperimentazione in Campania e Basilicata; la gestione delle situazioni di crisi industriale e occupazionale; le trattative per l'accordo sul costo del lavoro e la riforma del sistema cosiddetto della "scala mobile".
Dopo le elezioni del giugno 1983 rifiutò l'incarico di ministro per gli affari regionali nel governo Craxi, ritenendolo una diminutio dopo le precedenti esperienze ministeriali e decidendo di dedicarsi alla vita interna al PSDI in vista del suo XX congresso (aprile 1984). All'origine della decisione lo scarsissimo peso ottenuto dal PSDI proprio in un governo a guida socialista e l'intenzione di competere per la carica di segretario nazionale.
Ma un infarto lo colse improvvisamente a Roma dove morì il 20 novembre 1983.
Storia archivistica
- Il fondo è pervenuto in Fondazione Di Vagno con due versamenti (2012 e 2020).
Modalità di acquisizione
- Il fondo è stato donato alla Fondazione Giuseppe Di Vagno dagli eredi Lucrezia Accettura, Margherita e Raffaele Di Giesi, con atto del 2 luglio 2012.
Strumenti di ricerca
- Primo inventario a cura di Leonardo Musci (2014). Lo strumento è stato realizzato grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia nell'ambito del progetto "Memoria democratica - Archivio della Fondazione Giuseppe Di Vagno". L'incarico è stato affidato alla società Memoria di Roma.
Revisione e integrazione inventariale dopo ulteriore versamento di carte da parte della famiglia a cura di Leonardo Musci (2021). L'intervento è stato realizzato grazie a un finanziamento della Direzione generale archivi a valere sul capitolo 3121 per gli archivi politici e sindacali previsto dalla l. 205/2017 (Finanziaria 2018), art. 1, comma 342.
Criteri di ordinamento
- L'archivio si presentava condizionato in faldoni con segnature sul dorso di tipo sommario e relative all'identificazione delle carte provenienti dai diversi Ministeri o di tipo miscellaneo. Si è proceduto preliminarmente a uno studio della biografia professionale e politica di Michele Di Giesi sulla base delle fonti saggistiche e giornalistiche disponibili. Questa attività ha accompagnato tutto il corso del lavoro archivistico ed è stata integrata dai dati emergenti dalle carte stesse. Il contesto storico generale necessita di approfondimenti specifici attinenti alle tematiche oggetto delle carte che compongono il fondo. In fase di analisi sono stati ricondotti a fascicoli diversi documenti evidentemente fuori posto e unificati fascicoli con identica intitolazione, probabilmente formati "in via breve" da Di Giesi in fasi diverse della sua permanenza nei singoli ministeri. Oltre a una generale rimozione delle graffette arrugginite, sono state eliminate le copertine di fascicoli organizzate a posteriori da qualche addetto quando duplicavano semplicemente quelle originali o assemblavano più incarti con titoli uguali o parzialmente diversi. All'interno dei fascicoli sono state eliminate molte copie (di norma ciclostilati o fotocopie) dello stesso documento. Sono stati infine allocati i documenti sciolti equivalenti a circa 5 faldoni. Per le serie ministeriali, trattandosi di incarti particolari, a mezza strada tra il classico (ma lacunoso) fascicolo ministeriale e il dossier di documentazione, si è scelto di dare una descrizione del contenuto piuttosto analitica, soprattutto per le carte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Per quanto riguarda la datazione si è cercato in linea di massima di individuare il momento in cui i fascicoli sono stati creati, anche se in diversi casi essi ospitano documenti precedenti inseriti in un secondo momento. Alcuni fascicoli risultano chiaramente ereditati dalle gestioni ministeriali precedenti. Le serie sono intitolate ai ruoli pubblici ricoperti da Michele Di Giesi. Tranne in un caso, al loro interno non sono state organizzate vere sottoserie quanto raggruppamenti di fascicoli relativi alla medesima tematica sono stati raggruppati.
Struttura
- Il fondo è articolato in sette serie:
1. Dirigente del Partito socialista democratico italiano, 1964-1983 con materiale a stampa dal 1945, fascc. 35;
2. Attività parlamentare, 1972-1983, fascc. 3;
3. Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (marzo 1979 - aprile 1980), 1979-1980, fascc. 4;
4. Ministro delle poste e delle telecomunicazioni (ottobre 1980 - giugno 1981), 1979-1981, fascc. 52;
5. Ministro del lavoro e della previdenza sociale (giugno 1981 - novembre 1982), 1978-1983, fascc. 102;
6. Ministro della Marina mercantile (dicembre 1982 - luglio 1983), 1982-1983, fascc. 56;
7. Miscellanea, 1945-2008, fascc. 4.
Consultabilità
- Libera nei limiti di quanto disposto dal Codice per i beni culturali e del paesaggio (art. 127) e dalla legislazione per la tutela del diritto alla riservatezza e all'identità personale.