Divagno Conti (carte)
Tipologia Fondo
Data cronica
- 1928 - 2010
- Note
- 1928-1934; 1942, 1946; 1975-1976; 2010
Tipologia
- Fondo
Contenuto
- La documentazione, piuttosto esigua, raccoglie, in un fascicolo, quattro pagelle di Divagno Conti, 3 fotografie, una cartolina del 24° congresso nazionale del Partito socialista italiano di unità proletaria (aprile 1946), un elenco delle sottoscrizioni pro partigiani di soci detenuti nelle carceri di Spoleto, un ritaglio di giornale, il certificato di attribuzione del numero di codice fiscale di Divagno Conti, una registrazione audiovideo dell'intervista fatta da Gianvito Mastroleo a Divagno Conti.
Storia istituzionale/Biografia
- Nato due mesi dopo l'assassinio di Giuseppe Di Vagno per mano fascista (24 settembre 1921), gli fu dato dai genitori il nome "Divagno" per testimoniare una comunanza politica e spirituale antifascista. Il sacerdote che lo battezzò pretese che fosse aggiunto il nome di un santo e Giuseppe sembrò la scelta naturale. Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, con atto d'imperio le autorità fasciste imposero la sostituzione del nome Divagno, che inesorabilmente ricordava le sue storiche responsabilità, con quello di Mario.
Fu giovane partigiano. Caduto il fascismo, Conti pretese di tornare a chiamarsi Divagno, abbandonando per sempre i posticci Giuseppe e Mario impostigli dalla Chiesa e dal fascismo.
Nel corso della sua lunga attività politica e amministrativa ha promosso, realizzato o contribuito a realizzare importanti iniziative per la Provincia e la Città di Bari, nel campo delle infrastrutture e della cultura.
Nell'attività professionale si è dedicato prevalentemente alla progettazione e direzione lavori di opere pubbliche (acquedotti, case popolari, scuole, ospedali, reti viarie, stabilimenti industriali).
Modalità di acquisizione
- I documenti sono stati donati nel 2010 alla Fondazione "Giuseppe Di Vagno" da Divagno Conti.
Strumenti di ricerca
- Scheda fondo e profilo biografico a cura di Pasqua Vita Latrofa e Leonardo Musci (2016).
Consultabilità
- Libera nei limiti di quanto disposto dal Codice per i beni culturali e del paesaggio (art. 127) e dalla legislazione per la tutela del diritto alla riservatezza e all'identità personale.